Carcinosi Peritoneale

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Che cos’è?

Come i petali che si staccano da un fiore e si disperdono nel vento, così le cellule tumorali maligne della carcinosi peritoneale si diffondono all’interno della cavità peritoneale.

Si tratta di una condizione avanzata di una malattia neoplastica, in cui cellule tumorali di origine gastrointestinale, ginecologica o, più raramente, primaria del peritoneo, metastatizzano nella cavità peritoneale, ovvero lo spazio che ospita la maggior parte degli organi addominali.

Ogni anno, in Italia, si registrano oltre 25.000 nuovi casi di questa grave patologia.

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Diagnosi

La diagnosi di carcinosi peritoneale si basa su:

  • Esami di imaging: come la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM), che permettono di visualizzare la diffusione del tumore.
  • Paracentesi: prelievo di liquido ascitico per l’analisi citologica.
  • Laparoscopia diagnostica: procedura chirurgica minimamente invasiva che consente di osservare direttamente la cavità peritoneale e prelevare campioni di tessu
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Prognosi

La prognosi della carcinosi peritoneale varia in base a diversi elementi, come il tipo di tumore primario, l’estensione della diffusione peritoneale e la risposta alle terapie. Negli ultimi anni, l’integrazione di chirurgia citoriduttiva e HIPEC ha mostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza in selezionati gruppi di pazienti.
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Sintomi

I sintomi della carcinosi peritoneale possono variare, ma spesso includono:

  • Dolore addominale: sensazione di fastidio o dolore persistente nell’addome.
  • Ascite: accumulo di liquido nella cavità addominale, che può causare gonfiore e tensione.
  • Perdita di peso: dimagrimento involontario e significativo.
  • Nausea e vomito: sensazione di malessere e episodi di vomito.
  • Alterazioni dell’alvo: cambiamenti nelle abitudini intestinali, come diarrea o stitichezza.
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Trattamento

Le opzioni terapeutiche per la carcinosi peritoneale includono:

  • Chirurgia citoriduttiva: intervento volto a rimuovere il maggior numero possibile di lesioni tumorali.
  • Chemioterapia intraperitoneale ipertermica (HIPEC): somministrazione di chemioterapici riscaldati direttamente nella cavità peritoneale durante l’intervento chirurgico, per eliminare le cellule tumorali residue.
  • Chemioterapia sistemica: uso di farmaci chemioterapici somministrati per via endovenosa per trattare le cellule tumorali a livello sistemico.
  • Terapie palliative: interventi mirati ad alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita del paziente.

La scelta del trattamento dipende da vari fattori, tra cui l’origine del tumore primario, l’estensione della malattia e le condizioni generali del paziente.

La carcinosi peritoneale rappresenta una sfida clinica complessa. Una diagnosi precoce e un approccio terapeutico multidisciplinare sono fondamentali per ottimizzare i risultati e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

HIPEC

Hyperthermic Intraperitoneal Chemotherapy
Chemioterapia Intraperitoneale Ipertermica

Metodologia

La chemioipertermia intraoperatoria ad alte temperature (Hypertermic Intraperitoneal Chemotherapy – HIPEC) viene somministrata allo scopo di trattare anche la malattia microscopica residua peritoneale non visibile. La via di somministrazione locoregionale permette di raggiungere più elevate concentrazioni del farmaco antitumorale a diretto contatto con la neoplasia ed una conseguente riduzione dell’esposizione sistemica. L’ipertermia possiede inoltre un’intrinseca attività antitumorale ed accresce l’efficacia di diversi principi chemioterapici.

Nell’ultimo decennio, l’approccio combinato che utilizza la citoriduzione chirurgica (CRS) e la chemioterapia intraperitoneale ad alte temperature (HIPEC) ha trovato maggiori possibilità di impiego in pazienti selezionati con neoplasie primitive del peritoneo, tra cui lo pseudomixoma peritonei e il mesotelioma maligno o le metastasi peritoneali da neoplasie del colon e dello stomaco.
La citoriduzione (CRS) è un’operazione chirurgica complessa, che spesso comporta resezioni di più organi nello stesso intervento, e che mira all’asportazione di tutta la malattia visibile dall’addome. Subito dopo la CRS, al fine di eliminare le cellule tumorali residue, si effettua un lavaggio caldo dell’addome con chemioterapici.
Più in dettaglio, l’HIPEC consiste nell’infusione di una soluzione a circa 41-42°C contenente farmaci chemioterapici diversi a seconda della patologia all’interno della cavità peritoneale e solitamente viene effettuata al termine della citoriduzione. In breve, si posizionano due tubi per l’ingresso del chemioterapico riscaldato all’interno della cavità addominale e altri due per l’uscita dello stesso. Questi vengono connessi ad un’apposita macchina, simile a quella utilizzata per la circolazione sanguigna extracorporea, che tramite un sistema di pompe e scambiatori di calore, consente il riscaldamento della soluzione e il suo ricircolo all’interno della cavità peritoneale.
Il razionale del suo utilizzo scaturisce dall’osservazione della presenza di una “barriera” tra la cavità peritoneale ed la circolazione sanguigna. Infatti, è proprio grazie a tale barriera che la somministrazione intraperitoneale dei chemioterapici consente un notevole aumento delle concentrazioni di farmaci utilizzate nel peritoneo rispetto alla somministrazione sistemica, senza incorrere in tossicità gravi. Inoltre, la penetrazione e l’efficacia del chemioterapico infuso nella cavità peritoneale viene migliorata con un effetto sinergico dal riscaldamento della soluzione contenente i chemioterapici. Ciò nonostante, i farmaci somministrati all’interno della cavità addominale tramite l’HIPEC sono in grado di penetrare nei tessuti per pochi millimetri. Per questo, al fine di ottenere i migliori risultati dal trattamento combinato CRS-HIPEC, è imprescindibile un’adeguata selezione dei pazienti e l’erogazione del trattamento in un centro di riferimento. Questo approccio è infatti adatto per quei pazienti senza evidenza di diffusione extraperitoneale di malattia, in buone condizioni generali e soprattutto con un carico di malattia suscettibile di citoriduzione ottimale (assenza di metastasi peritoneali macroscopicamente visibili al termine della citoriduzione). Infatti, poiché la penetrazione del chemioterapico è notevolmente ridotta nei noduli di grosse dimensioni, l’HIPEC è indicata soltanto se tramite la CRS si ottiene una citoriduzione ottimale e funge da complemento del trattamento chirurgico eradicando la malattia microscopica non visibile.
La CRS e HIPEC sono delle procedure tecnicamente impegnative che richiedono una notevole esperienza e possono pertanto essere erogate in centri di riferimento.

La UOC di Chirurgia del Peritoneo e del Retroperitoneo è un centro ad alto volume con più di 60 casi di Peritonectomie HIPEC all’anno.

PIPAC

Pressurized IntraPeritoneal Aerosol Chemotherapy
Chemioterapia IntraPeritoneale Aerosolizzata Pressurizzata

Metodologia

La carcinosi peritoneale (PC) è una forma di diffusione neoplastica molto comune nella storia naturale dei tumori gastrointestinali infatti l’incidenza della disseminazione peritoneale da neoplasie gastro-intestinali è stata osservata nel 8-15% dei casi nel carcinoma colon-retto alla diagnosi e in oltre il 50% dei casi di recidiva dopo resezione del tumore primitivo, rappresentando in circa la metà dei casi, l’unica sede di malattia. Nel passato la carcinosi peritoneale era considerata una condizione di malattia a prognosi altamente sfavorevole, tuttavia da almeno una decade, in pazienti selezionati, si ottengono risultati incoraggianti nella cura della carcinosi da neoplasie non ginecologiche tramite trattamenti combinati chirurgici e chemioterapici locoregionali. Come proposto inizialmente da Sugarbaker, la carcinosi è oggi considerata una malattia locoregionale e come tale viene affrontata. Nel tempo si sono quindi affermati trattamenti che combinano una chirurgia citoriduttiva con la chemioterapia intraperitoneale ad alte temperature (HIPEC). Non tutti i pazienti tuttavia possono essere sottoposti alla chirurgia citoriduttiva per estensione di malattia o presenza di comorbidità, restando pertanto esclusi da un trattamento adeguato per una malattia con coinvolgimento sia sistemico che locoregionale. In questo senso è stata messa a punto la PIPAC (Pressurized Intraperitoneal Aerosol Chemotherapy), pensata proprio per il trattamento della carcinosi peritoneale nei pazienti sui quali non si può intervenire con la chirurgia citoriduttiva. Questa tecnica, sviluppata in Germania nel 2013 dal Prof Marc-André Reymond, è stata di recente introdotta in altri ospedali europei ed oggi si può effettuare anche in Italia nell’ambito di protocolli sperimentali. La tecnica permette la somministrazione di farmaci chemioterapici nella cavità addominale sotto forma di aerosol attraverso un flusso d’aria pressurizzato durante una laparoscopia. Questa tecnica consente di ottenere una distribuzione omogenea del farmaco all’interno della cavità peritoneale, sfruttando le proprietà fisiche dei gas. L’accesso laparoscopico consente inoltre la contestuale esecuzione di biopsie per lo studio istologico e di risposta alla terapia oltre l’eventuale aspirazione del liquido ascitico. L’obiettivo della PIPAC è quello di controllare l’ulteriore diffusione della carcinosi, evitare il riformarsi dell’ascite, e, nei casi con migliore risposta, di preparare il paziente a un intervento chirurgico citoriduttivo curativo. I vantaggi sono la ripetibilità della metodica, la scarsa invasività, la ridotta incidenza degli effetti collaterali tipici della chemioterapia sistemica e la possibilità di monitorare la risposta alla chemioterapia locale.

    • A chi proponiamo la PIPAC?

PIPAC può essere offerto ai pazienti con carcinosi peritoneale di origine colorettale, gastrica, ovarica o da malattia primitiva del peritoneo, il mesotelioma peritoneale o pseudomyxoma peritonei.
Questa tecnica viene offerta ai pazienti con una malattia stabilizzata dalla normale della chemioterapia sistemica (intra-venosa) ed in casi selezionati può essere somministrata in combinazione con la chemioterapia tradizionale. Solitamente si ripete tre volte a sei settimane di distanza.
La PIPAC rappresenta ad oggi un’ulteriore arma a disposizione nel controllo della carcinosi peritoneale accanto alla citoriduzione chirurgica integrata alla chemioterapia intraoperatoria ad elevate temperature (HIPEC) e alla tradizionale chemioterapia. In atto appare come un trattamento complementare che può essere offerto ai pazienti troppo fragili per sostenere un trattamento chirurgico, che hanno sviluppato una resistenza temporanea alla chemioterapia sistemica convenzionale o che presentano un’estensione troppo grande della malattia per beneficiare di un intervento chirurgico completo con chemioterapia intraoperatoria.

    • Efficacia della PIPAC

Sono stati condotti numerosi studi di fase II che dimostrano come la procedure sia sicura e che garantisca un’efficacia antitumorale sulle metastasi peritoneali nel 40-60% dei casi. Sono in corso invece diversi studi multicentrici di fase III per valutare la superiorità della PIPAC rispetto ai trattamenti tradizionali. Ad oggi l’UOC di Chirurgia del Peritoneo e del Retroperitoneo (Direttore Prof. Fabio Pacelli) è il centro italiano con maggiore esperienza in questo campo avendo effettuato più di 500 procedure PIPAC nell’ambito di un percorso clinico assistenziale approvato dalla direzione sanitaria per carcinosi peritoneale ad origine gastrointestinale. 

    • La procedura

La PIPAC viene eseguita in anestesia generale, il che significa che il paziente dorme dall’inizio alla fine dell’operazione. Dopo l’induzione dello pneumoperitoneo, si procede ad un’accurata esplorazione della cavità addominale per via laparoscopica. Si può così valutare l’entità della carcinosi peritoneale ed eseguire di biopsie del peritoneo per l’ottenimento dell’esame istologico e per la valutazione della risposta alla terapia. Viene quindi introdotto un dispositivo (Capnopen- MIP, Reger Medizintechnik, Rottweil, Germany) in grado di nebulizzare la chemioterapia sotto forma di aerosol tramite un iniettore ad alte pressioni (Arterion Mark 7®, Medrad, Germany). Il farmaco viene nebulizzato in pochi minuti e poi lasciato in sospensione in addome per altri trenta minuti. Inoltre, il regolare svolgimento della procedura viene monitorato continuativamente tramite la telecamera laparoscopica. L’azione combinata di aerosol e della pressione dello pneumoperitoneo consente una distribuzione omogenea dei farmaci nell’addome e una profonda penetrazione del farmaco nelle metastasi peritoneali. Questa modalità di somministrazione consente una riduzione fino a dieci volte le dosi convenzionali, il che limita gli effetti avversi sistemici della chemioterapia tradizionale endovenosa.

La PIPAC, sebbene non scevra da rischi chirurgici, è comunque una procedura minimamente invasiva e pertanto è generalmente prevista una degenza di due giorni.

La UOC di Chirurgia del Peritoneo e del retroperitoneo del Policlinico Gemelli è un centro ad alto volume, vengono eseguite infatti 100 Laparoscopie associate o meno a PIPAC/anno per carcinosi peritoneale a partenza da tumori gastro intestinali (stomaco – colon – pancreas).

Metodologia

La carcinosi peritoneale (PC) è una forma di diffusione neoplastica molto comune nella storia naturale dei tumori gastrointestinali infatti l’incidenza della disseminazione peritoneale da neoplasie gastro-intestinali è stata osservata nel 8-15% dei casi nel carcinoma colon-retto alla diagnosi e in oltre il 50% dei casi di recidiva dopo resezione del tumore primitivo, rappresentando in circa la metà dei casi, l’unica sede di malattia. Nel passato la carcinosi peritoneale era considerata una condizione di malattia a prognosi altamente sfavorevole, tuttavia da almeno una decade, in pazienti selezionati, si ottengono risultati incoraggianti nella cura della carcinosi da neoplasie non ginecologiche tramite trattamenti combinati chirurgici e chemioterapici locoregionali. Come proposto inizialmente da Sugarbaker, la carcinosi è oggi considerata una malattia locoregionale e come tale viene affrontata. Nel tempo si sono quindi affermati trattamenti che combinano una chirurgia citoriduttiva con la chemioterapia intraperitoneale ad alte temperature (HIPEC). Non tutti i pazienti tuttavia possono essere sottoposti alla chirurgia citoriduttiva per estensione di malattia o presenza di comorbidità, restando pertanto esclusi da un trattamento adeguato per una malattia con coinvolgimento sia sistemico che locoregionale. In questo senso è stata messa a punto la PIPAC (Pressurized Intraperitoneal Aerosol Chemotherapy), pensata proprio per il trattamento della carcinosi peritoneale nei pazienti sui quali non si può intervenire con la chirurgia citoriduttiva. Questa tecnica, sviluppata in Germania nel 2013 dal Prof Marc-André Reymond, è stata di recente introdotta in altri ospedali europei ed oggi si può effettuare anche in Italia nell’ambito di protocolli sperimentali. La tecnica permette la somministrazione di farmaci chemioterapici nella cavità addominale sotto forma di aerosol attraverso un flusso d’aria pressurizzato durante una laparoscopia. Questa tecnica consente di ottenere una distribuzione omogenea del farmaco all’interno della cavità peritoneale, sfruttando le proprietà fisiche dei gas. L’accesso laparoscopico consente inoltre la contestuale esecuzione di biopsie per lo studio istologico e di risposta alla terapia oltre l’eventuale aspirazione del liquido ascitico. L’obiettivo della PIPAC è quello di controllare l’ulteriore diffusione della carcinosi, evitare il riformarsi dell’ascite, e, nei casi con migliore risposta, di preparare il paziente a un intervento chirurgico citoriduttivo curativo. I vantaggi sono la ripetibilità della metodica, la scarsa invasività, la ridotta incidenza degli effetti collaterali tipici della chemioterapia sistemica e la possibilità di monitorare la risposta alla chemioterapia locale.

    • A chi proponiamo la PIPAC?

PIPAC può essere offerto ai pazienti con carcinosi peritoneale di origine colorettale, gastrica, ovarica o da malattia primitiva del peritoneo, il mesotelioma peritoneale o pseudomyxoma peritonei.
Questa tecnica viene offerta ai pazienti con una malattia stabilizzata dalla normale della chemioterapia sistemica (intra-venosa) ed in casi selezionati può essere somministrata in combinazione con la chemioterapia tradizionale. Solitamente si ripete tre volte a sei settimane di distanza.
La PIPAC rappresenta ad oggi un’ulteriore arma a disposizione nel controllo della carcinosi peritoneale accanto alla citoriduzione chirurgica integrata alla chemioterapia intraoperatoria ad elevate temperature (HIPEC) e alla tradizionale chemioterapia. In atto appare come un trattamento complementare che può essere offerto ai pazienti troppo fragili per sostenere un trattamento chirurgico, che hanno sviluppato una resistenza temporanea alla chemioterapia sistemica convenzionale o che presentano un’estensione troppo grande della malattia per beneficiare di un intervento chirurgico completo con chemioterapia intraoperatoria.

    • Efficacia della PIPAC

Sono stati condotti numerosi studi di fase II che dimostrano come la procedure sia sicura e che garantisca un’efficacia antitumorale sulle metastasi peritoneali nel 40-60% dei casi. Sono in corso invece diversi studi multicentrici di fase III per valutare la superiorità della PIPAC rispetto ai trattamenti tradizionali. Ad oggi l’UOC di Chirurgia del Peritoneo e del Retroperitoneo (Direttore Prof. Fabio Pacelli) è il centro italiano con maggiore esperienza in questo campo avendo effettuato circa 150 procedure PIPAC nell’ambito di un percorso clinico assistenziale approvato dalla direzione sanitaria per carcinosi peritoneale ad origine gastrointestinale. Tale casistica è stata oggetto di due pubblicazioni sulle metastasi peritoneali ad origine gastrica (Di Giorgio A et al. Systemic chemotherapy and pressurized intraperitoneal aerosol chemotherapy (PIPAC): a bidirectional approach for gastric cancer peritoneal metastasis. Surgical Oncology. 2020)e biliopancreatica (Di Giorgio A et al. Pressurized intraperitoneal aerosol chemotherapy with cisplatin and doxorubicin or oxaliplatin for peritoneal metastasis from pancreatic adenocarcinoma and cholangiocarcinoma. Therapeutic Advances in Medical Oncology. 2020).

    • La procedura

La PIPAC viene eseguita in anestesia generale, il che significa che il paziente dorme dall’inizio alla fine dell’operazione. Dopo l’induzione dello pneumoperitoneo, si procede ad un’accurata esplorazione della cavità addominale per via laparoscopica. Si può così valutare l’entità della carcinosi peritoneale ed eseguire di biopsie del peritoneo per l’ottenimento dell’esame istologico e per la valutazione della risposta alla terapia. Viene quindi introdotto un dispositivo (Capnopen- MIP, Reger Medizintechnik, Rottweil, Germany) in grado di nebulizzare la chemioterapia sotto forma di aerosol tramite un iniettore ad alte pressioni (Arterion Mark 7®, Medrad, Germany). Il farmaco viene nebulizzato in pochi minuti e poi lasciato in sospensione in addome per altri trenta minuti. Inoltre, il regolare svolgimento della procedura viene monitorato continuativamente tramite la telecamera laparoscopica. L’azione combinata di aerosol e della pressione dello pneumoperitoneo consente una distribuzione omogenea dei farmaci nell’addome e una profonda penetrazione del farmaco nelle metastasi peritoneali. Questa modalità di somministrazione consente una riduzione fino a dieci volte le dosi convenzionali, il che limita gli effetti avversi sistemici della chemioterapia tradizionale endovenosa.

La PIPAC, sebbene non scevra da rischi chirurgici, è comunque una procedura minimamente invasiva e pertanto è generalmente prevista una degenza di due giorni.

La UOC di Chirurgia del Peritoneo e del retroperitoneo del Policlinico Gemelli è un centro ad alto volume, vengono eseguite infatti 100 Laparoscopie associate o meno a PIPAC/anno per carcinosi peritoneale a partenza da tumori gastro intestinali (stomaco – colon – pancreas).

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